MEDITAZIONE
La parola meditazione è ormai una parola inflazionata: se ne parla troppo, e in maniera confusionaria. In generale però, se ne parla bene, e questo è il motivo per cui molte persone si sentono attratte alla meditazione. La meditazione viene sempre “venduta” come una soluzione per combattere lo stress della vita di tutti i giorni, e spesso si pensa che “se inizio a fare meditazione possono risolvere tutti i miei problemi”. Non solo, la meditazione viene spesso consigliata per ridurre ansia, insonnia, ecc. Ovunque sul web potete trovare tutti i benefici (studiati e comprovati) della meditazione.
Ci si ritrova allora nel punto della propria vita in cui si pensa: quasi quasi inizio a fare meditazione, visto che fa così bene. E lì iniziano le difficoltà: basta sbirciare appena in questo mondo che si scoprono migliaia di stili e scuole e tradizioni diverse, tutte, ovviamente, convinte del fatto di essere lo stile e scuola e tradizione migliore! La scelta è così ampia e vasta che è comprensibile che chiunque vi si approcci da neofita ne esca scoraggiata/o, o peggio, delusa dall’approccio scelto perché non ha dato i “risultati” sperati. E spesso finisce che “ho provato la meditazione e non fa per me”.
Per cercare di portare un po’ di chiarezza in questo mondo (e per far capire che di tipi di meditazioni ce ne sono tante quante le personalità che abbiamo, e che quindi se con una non è andata bene, si potrebbe provare altro…), ho provato a compilare una breve lista di meditazioni – tra le più conosciute – spiegandone le origini e come vengono generalmente praticate. Mi scuso già da adesso per aver semplificato molte delle spiegazioni: la mia intenzione è quella di fare una panoramica generale, e preferisco mantenere tutto in maniera semplice ed accessibile a chi vuole approcciarsi alla meditazione, piuttosto che approfondire ogni aspetto in maniera complicata.
NOTA - Etimologia del termine “meditare”: il verbo latino mĕdĭtor, che è all'origine del moderno meditare, fu adottato per tradurre in latino il termine greco melete, presente nella versione in greco della Bibbia. Melete ha il significato di ponderare, riflettere, contemplare. Fu usato a sua volta per tradurre l’ebraico hāgâ, che indica il sospiro, il mormorio, ma anche la meditazione stessa.
Ho suddiviso le meditazioni in base alle varie tradizioni spirituali di origine, come segue:
1) TECNICHE DI MEDITAZIONE BUDDISTA
2) TECNICHE DI MEDITAZIONE YOGA
Meditazione nel Jnana Yoga, nel Bhakti Yoga e nel Raja Yoga
Menzione di altre tecniche: Meditazione sui Chakra, Trataka, Meditazione del suono (Nada Yoga), Tantra
3) TECNICHE DI MEDITAZIONE CINESE
4) MEDITAZIONE CRISTIANA
5) TECNICHE DI MEDITAZIONE SUFI
6) MEDITAZIONI GUIDATE
7) MEDITAZIONE YIN
INTRODUZIONE
TIPI GENERALI DI MEDITAZIONE
In maniera piuttosto generica, ma utile per iniziare a trovare una mappa nel vastissimo mondo della meditazione, possiamo distinguere 2 tipi di meditazione in base al modo in cui viene focalizzata l'attenzione: 1) attenzione focalizzata e 2) monitoraggio aperto. Si può aggiungere anche una terza metodologia, lievemente diversa dalla seconda: 3) presenza consapevole.
1) Meditazione focalizzata sull'attenzione
In questo tipo di meditazione, l'attenzione viene focalizzata su un singolo oggetto durante l'intera sessione. Questo oggetto può essere il respiro, un mantra, la visualizzazione, una parte del corpo, un oggetto esterno, ecc. Man mano che il praticante avanza nella pratica, la sua capacità di mantenere il flusso di attenzione nell'oggetto scelto diventa più forte e le distrazioni diventano meno comuni e brevi. Vengono così sviluppate sia la profondità sia la stabilità della sua attenzione.
Esempi di questi sono: Samatha (meditazione buddista), alcune forme di Zazen, Meditazione della gentilezza amorevole (metta), Meditazione dei chakra, Meditazione Kundalini, Meditazione del suono, Meditazione del Mantra, Pranayama, alcune forme di Qigong e molti altri.
2) Meditazione aperta, di monitoraggio
Invece di focalizzare l'attenzione su qualsiasi oggetto, manteniamo l’attenzione aperta, monitorando tutti gli aspetti della nostra esperienza, senza giudizio o attaccamento. Tutte le percezioni, siano esse interne (pensieri, sentimenti, memoria, ecc.) o esterne (suono, odore, ecc.), vengono riconosciute e viste per quello che sono. È il processo di monitoraggio non reattivo del contenuto dell'esperienza di momento in momento, senza entrare nell’esperienza stessa. Esempi sono: meditazione Mindfulness, Vipassana e alcuni tipi di meditazione taoista.
3) Presenza consapevole, senza sforzo
È lo stato in cui l'attenzione non è focalizzata su nulla in particolare, ma riposa su se stessa, e sul tutto: tranquilla, vuota, stabile, introversa. Possiamo anche chiamare questa meditazione "Consapevolezza senza oggetto" o "Essere puro".
Questo è in realtà il vero scopo di tutti i tipi di meditazione, e non è un tipo di meditazione in sé. Tutte le tecniche tradizionali di meditazione riconoscono che l'oggetto di focalizzazione, e persino il processo di monitoraggio, è solo un mezzo per allenare la mente, in modo da scoprire il silenzio interiore senza sforzo e stati di coscienza più profondi. Alla fine, sia l'oggetto della focalizzazione sia il processo stesso vengono lasciati indietro, e rimane solo il vero sé del praticante, come "pura presenza".
In alcune tecniche, questo è l'unico obiettivo, dall'inizio. Esempi sono: l'auto-indagine (meditazione “io sono”) di Ramana Maharishi; Dzogchen; alcune forme di meditazione taoista; e alcune forme avanzate di Raja Yoga. Dal mio punto di vista, questo tipo di meditazione è molto difficile e richiede sempre un allenamento sulla attenzione/consapevolezza per essere efficace, anche se a volte questo non è detto espressamente, ma è solo implicito.
Come praticare la meditazione
Il Buddha ci ricorda che possiamo praticare la meditazione in 4 posizioni:
Sdraiati
Seduti
In piedi
Camminando
Generalmente, la pratica meditativa formale, nella maggior parte delle tradizioni, si svolge in postura seduta, in cui è essenziale che la schiena sia eretta, in posizione neutra. In questa maniera l’energia può fluire liberamente lungo la colonna vertebrale, e il respiro fluisce liberamente. Ovviamente, la maggior parte di persone nel mondo occidentale ha grosse difficoltà a rimanere seduti con la schiena dritta per lunghi periodi, è dunque concesso e fortemente consigliato, per chi non riesce a trovare una posizione comoda a terra, l’uso di sedie o la possibilità di appoggiare la schiena al muro.
La pratica di Asana (posture fisiche) del Hatha Yoga permette di sviluppare forza e mobilità fisica adatta a rimanere seduti a lungo.
I 3 ingredienti fondamentali per rendere stabile una pratica di meditazione sono:
1. ABITUDINE – praticare ogni giorno, anche solo 5 minuti
2. TECNICA – trovare il tipo di meditazione con cui ci si trova meglio
3. APPLICAZIONE – trasportare nella vita di tutti i giorni quello che si impara nella meditazione
1) TECNICHE DI MEDITAZIONE BUDDISTA
Meditazione Zen (Zazen)
Origine e significato
Zazen (坐禅) significa "Zen seduto", o "meditazione seduta", in giapponese. Ha le sue radici nella tradizione del Buddismo Zen cinese (Ch'an), che risale al monaco indiano Bodhidharma (VI secolo d.C.). In Occidente, le sue forme più popolari provengono da Dogen Zenji (1200 ~ 1253), il fondatore del movimento Soto Zen in Giappone. Modalità simili sono praticate nella scuola Zen Rinzai, in Giappone e in Corea.
Come praticarla
Si pratica generalmente seduti a terra su materassino e cuscino, con le gambe incrociate. Tradizionalmente veniva fatto nella posizione del loto o del mezzo loto, ma questo non è necessario: l'aspetto più importante, è mantenere la schiena completamente dritta, dal bacino al collo. La bocca è tenuta chiusa e gli occhi abbassati, con lo sguardo appoggiato a terra circa 50 cm davanti a sé.
Per quanto riguarda l'aspetto mentale, di solito viene praticato in due modi:
Concentrazione sul respiro: si concentra tutta l’attenzione sul movimento del respiro che entra ed esce dal naso. Questo può essere aiutato contando mentalmente il respiro. Si inizia contando la ispirazione, iniziando con 10, e poi scendendo a 9, 8, 7, ecc. Arrivati a 1, si riprende nuovamente da 10. Se ci si distrae e si perde il conto, si riporta delicatamente l'attenzione su 10 e si riprende da lì.
Shikantaza ("solo seduto") - in questa forma il praticante non usa alcun oggetto specifico di meditazione; piuttosto, i praticanti rimangono il più possibile nel momento presente, consapevoli e osservando ciò che passa attraverso le loro menti e intorno a loro, senza soffermarsi su nulla in particolare. È un tipo di meditazione di presenza consapevole.
Meditazione Vipassana
Origine e significato
"Vipassana" è una parola in lingua pali che significa "intuizione" o "visione chiara". È una pratica buddista tradizionale, risalente al VI secolo a.C. La meditazione Vipassana, come insegnata negli ultimi decenni, proviene dalla tradizione buddista Theravada ed è stata resa popolare da S. N. Goenka e dal movimento Vipassana.
A causa della popolarità della meditazione Vipassana, la "consapevolezza del respiro" ha guadagnato ulteriore popolarità in Occidente come "consapevolezza".
Come praticarla
[Esistono istruzioni molto varie e a volte contrastanti su come praticare Vipassana. In generale, tuttavia, la maggior parte degli insegnanti sottolinea di iniziare con la consapevolezza del respiro nelle prime fasi, per stabilizzare la mente e raggiungere la "concentrazione di accesso". È più simile alla meditazione dell'attenzione focalizzata. Quindi la pratica passa allo sviluppo di una "visione chiara" delle sensazioni corporee e dei fenomeni mentali, osservandoli momento per momento e senza aggrapparsi a nessuno. Questa è un'introduzione molto generica, per saperne di più, è una buona idea partecipare ad un ritiro di Vipassana. In Italia, l'unico centro accreditato è l'Atala Dhamma a Lutirano, che propone corsi ogni mese]
Idealmente, ci si siede su un cuscino, a terra, a gambe incrociate, con la colonna vertebrale eretta; in alternativa, è possibile utilizzare una sedia.
Il primo aspetto è sviluppare la concentrazione, attraverso la pratica dello samatha. Questo viene in genere fatto attraverso la consapevolezza del respiro. Si pratica concentrando tutta l’attenzione sul movimento del respiro, osservando ad esempio le sottili sensazioni del movimento dell'addome che si alza e si abbassa. In alternativa, ci si può concentrare sulla sensazione dell'aria che passa attraverso le narici e tocca la pelle delle labbra superiori.
Mentre ci si concentra sul respiro, si noteranno come altre percezioni e sensazioni continuano ad apparire: suoni, sensazioni nel corpo, emozioni, ecc. Questi fenomeni vengono osservati mentre emergono nel campo della consapevolezza, e poi si ritorna alla sensazione di respirazione. L'attenzione è mantenuta nell'oggetto della concentrazione (il respiro), mentre questi altri pensieri o sensazioni sono presenti semplicemente come "rumore di fondo".
L'oggetto che è al centro della pratica (ad esempio, il movimento dell'addome) è chiamato "oggetto primario". Un "oggetto secondario" è qualsiasi altra cosa che sorge nel campo di percezione - o attraverso i cinque sensi (suono, odore, prurito nel corpo, ecc.) o attraverso la mente (pensiero, memoria, sensazione, ecc.). Se un oggetto secondario attira la propria attenzione e distrae, o se fa apparire desiderio o avversione, bisognerebbe concentrarsi sull'oggetto secondario per un momento o due, etichettandolo con una nota mentale, come "pensiero", "memoria", "sentire", "desiderare". Questa pratica è spesso chiamata "annotazione" o Metodo Mahasi. NB: il Metodo Mahasi è una tecnica di meditazione in sé.
Una nota mentale identifica un oggetto in generale ma non in dettaglio. Quando si viene a conoscenza di un suono, ad esempio, si deve etichettare come “udito” oppure "suono" invece di "motocicletta", "voci" o "cane che abbaia". Se si verifica una sensazione spiacevole, si annota "dolore" o "sensazione" invece di "dolore al ginocchio" o "dolore alla schiena". Quindi, si riporta l’attenzione all'oggetto di meditazione principale. Quando si prende consapevolezza di una fragranza, si pronuncia la nota mentale "annusare" oppure “odore” per un momento o due. Non bisogna identificare il profumo.
Quando si è così ottenuta la "concentrazione di accesso", l'attenzione viene quindi rivolta all'oggetto della pratica, che è normalmente il pensiero o le sensazioni corporee. Si osservano gli oggetti della consapevolezza senza attaccamento, lasciando che i pensieri e le sensazioni sorgano e svaniscano di propria iniziativa. L'etichettatura mentale (spiegata sopra) è spesso usata come un modo per evitare di essere lasciati trasportati dai pensieri e per prendere nota in modo più obiettivo.
Di conseguenza si sviluppa la chiara visione che i fenomeni osservati sono pervasi dai tre “segni di esistenza”: impermanenza (anicca), insoddisfazione (dukkha) e vuoto di sé (anatta). Di conseguenza equanimità, pace e libertà interiore si sviluppano in relazione a questi input.
Mindfulness
Origine e significato
La mindfulness è un adattamento delle tradizionali pratiche di meditazione buddista, in particolare Vipassana, ma ha anche una forte influenza da altri lignaggi (come il buddismo zen vietnamita di Thich Nhat Hanh). "Mindfulness" è la traduzione occidentale comune per il termine buddista sati. Anapanasati, "consapevolezza del respiro", fa parte della pratica buddista di Vipassana o Insight meditation, e altre pratiche meditative buddiste, come lo zazen.
Uno dei principali diffusori della Mindfulness nel mondo occidentale è John Kabat-Zinn. Il suo programma di riduzione dello stress basato sulla consapevolezza (MBSR) - che ha sviluppato nel 1979 presso la University of Massachusetts Medical School - è stato utilizzato in diversi ospedali e cliniche negli ultimi decenni.
Come praticarla
La mindfulness è la pratica di concentrarsi intenzionalmente sul momento presente, accettando e prestando attenzione senza giudizio alle sensazioni, ai pensieri e alle emozioni che sorgono.
Per il tempo della "pratica formale", siediti su un cuscino sul pavimento, o su una sedia, con lo schienale diritto e non sostenuto. Presta molta attenzione al movimento del tuo respiro. Quando inspiri, sii consapevole che stai inspirando e come ci si sente. Quando espiri, sii consapevole che stai espirando. Fai così per tutta la durata della tua pratica meditativa, reindirizzando costantemente l'attenzione al respiro. Oppure puoi passare a prestare attenzione alle sensazioni, ai pensieri e ai sentimenti che sorgono.
Lo sforzo è di non aggiungere intenzionalmente nulla alla nostra esperienza del momento presente, ma di essere consapevoli di ciò che sta accadendo, senza perderci in nulla che si presenti.
La tua mente si distrarrà con suoni, sensazioni e pensieri. Ogni volta che ciò accade, riconosci gentilmente di essere stato distratto e riporta l'attenzione al respiro o all'osservazione oggettiva di quel pensiero o sensazione. C'è una grande differenza tra essere all'interno del pensiero/sensazione e semplicemente essere consapevoli della sua presenza.
Terminata la pratica, apprezza quanto diversi si sentono il corpo e la mente.
C'è anche la pratica della mindfulness durante le nostre attività quotidiane: mentre mangi, cammini e parli. Per la meditazione della "vita quotidiana", la pratica è prestare attenzione a ciò che sta accadendo nel momento presente, essere consapevoli di ciò che sta accadendo - e non vivere in "modalità automatica". Se parli, significa prestare attenzione alle parole che dici, a come le parli e ad ascoltare con presenza e attenzione. Se stai camminando, significa essere più consapevole dei movimenti del tuo corpo, dei tuoi piedi che toccano il suolo, dei suoni che senti, ecc.
Il tuo sforzo nella pratica da seduto sostiene la tua pratica di vita quotidiana e viceversa. Sono entrambi ugualmente importanti.
Meditazione Metta
Origine e significato
Metta è una parola pali che significa gentilezza, amore compassionevole, benevolenza e buona volontà. Questa pratica proviene dalle tradizioni buddiste, in particolare dai lignaggi del buddismo Theravada e Tibetano. La “meditazione della compassione” è un campo scientifico contemporaneo che dimostra l'efficacia di metta e delle relative pratiche meditative.
I vantaggi dimostrati includono: aumento della capacità di entrare in empatia con gli altri; sviluppo di emozioni positive attraverso la compassione, incluso un atteggiamento più amorevole verso se stessi; maggiore auto-accettazione; maggiore sensazione di competenza per la propria vita; e una maggiore sensazione di scopo nella vita.
Come praticarla
Seduti in posizione di meditazione, con gli occhi chiusi, genera nella tua mente e nel tuo cuore sentimenti di gentilezza e benevolenza. Inizia sviluppando una gentilezza amorevole verso te stesso, quindi progressivamente verso gli altri e tutti gli esseri. Di solito questa progressione è consigliata:
- Sé stessi
- Un buon amico
- Una persona "neutrale"
- Una persona difficile, un “nemico” o qualcuno che ti ha fatto soffrire
- Tutti e quattro i precedenti allo stesso modo
- Gradualmente, l'intero universo
La sensazione da sviluppare è quella di augurare felicità e benessere a tutti. Questa pratica può essere aiutata dalla recitazione di parole o frasi specifiche che evocano il "sentimento sconfinato e affettuoso", visualizzando la sofferenza degli altri e inviando amore; o immaginando lo stato di un altro essere e augurandogli felicità e pace. Più pratichi questa meditazione, più gioia proverai.
2) TECNICHE DI MEDITAZIONE YOGA
Quando si parla di meditazione nello Yoga ci si può riferire a innumerevoli scuole e tradizioni. Come per le altre tradizioni spirituali, non esiste “una” meditazione yogica, ma tante. Qui in seguito ne elenco alcune tra le più conosciute, iniziando da alcuni dei sentieri principali presenti nello yoga: Jnana Yoga, Bhakti Yoga e Raja Yoga, e continuando a descrivere le meditazioni con l’uso di mantra, meditazione japa e altre forme antiche, per poi passare a delle forme di meditazione moderne basate sulla tradizione dello yoga.
Meditazione nello Jnana Yoga
Il Jnana Yoga è la via della conoscenza, della saggezza, dell'introspezione, della contemplazione. Comporta una profonda analisi della natura del nostro essere attraverso l’esplorazione sistematica e l’abbandono della falsa identità. I praticanti usano la loro volontà e discriminazione a disidentificare se stessi dal corpo, dalla mente e dai sensi fino a realizzare niente altro che il Sé. Questo percorso richiede uno sviluppo dell'intelletto anche attraverso lo studio delle Scritture e dei testi della tradizione yogica ed è considerato difficile ed impegnativo.
3 sono le pratiche fondamentali di questo cammino:
- Sravana, l'ascolto o l'esperienza della sacra conoscenza negli antichi testi vedici delle Upanishad.
- Manana, il pensiero e la riflessione su questi insegnamenti di non dualità.
- Nididhyasana è la meditazione costante e profonda sul Sé interiore. Ciò comporta la meditazione e la riflessione sul vero significato dei Maha-Vakya, i mantra primari o "Grandi Detti" delle Upanishad.
Meditazione nel Bhakti Yoga
Il sentiero della devozione, dell’emozione, dell’amore, della compassione. Vedendo il Divino in tutto quello che ci circonda, i praticanti di Bhakti Yoga esprimono la natura devozionale del loro percorso in ogni loro pensiero, parola e azione. I processi di japa (ripetizione di mantra) e di meditazione interiore sulla divinità (deva ishta) prescelta dai devoti aspiranti sono particolarmente popolari nella maggior parte delle scuole Bhakti. Il Kirtan è una pratica di Bhakti Yoga in cui un mantra viene ripetuto cantando, ed è da considerare una forma di meditazione tipica di questa tradizione.
Meditazione nel Raja Yoga
Origine e significato
La via della meditazione, della realizzazione. Questo è probabilmente il cammino yoga tra i più conosciuti, e per questo lo approfondisco lievemente. Raja significa "regale", e la meditazione è il punto focale di questo ramo di yoga classico. Questo approccio è presentato da Patanjali nel “Yoga Sutra”. In questo testo viene indicato il cammino da seguire per raggiungere il Samadhi attraverso gli 8 rami che compongono la pratica dello yoga. Gli ultimi 4 rami sono dedicati alla meditazione (Pratyâhâra, Dhâranâ, Dhyâna). L’ultimo ramo, Samadhi, non è un qualcosa che può essere praticato ma è il risultato della pratica.
Pratyâhâra - Ritiro dei sensi
Le pratiche della postura e del controllo del respiro portano ad una progressiva desensibilizzazione che esclude gli stimoli esterni. Sempre di più, gli yogin acquisiscono vita nell'ambiente interno della loro mente. Quando la coscienza è effettivamente isolata dall'ambiente, questo è lo stato di inibizione sensoriale, o pratyâhâra. I testi sanscriti paragonano questo processo a una tartaruga che ritira i suoi arti. Nel Mahâbhârata, il ritiro dei sensi è descritto in modo pertinente in questa maniera: "[Il saggio] non dovrebbe percepire il suono con il suo orecchio, non sentire il contatto con la sua pelle. Non dovrebbe percepire la forma con i suoi occhi e non assaggiare i sapori con la sua lingua. Inoltre, il conoscitore dello Yoga dovrebbe, attraverso l'assorbimento, astenersi da tutti gli odori. Dovrebbe respingere coraggiosamente questi agitatori del gruppo dei cinque [sensi] ". Quando i sensi vengono spenti uno per uno, la mente generalmente diventa molto attiva. La sfida per gli yogin è dunque non soccombere né all'allucinazione né al sonno, ma mantenere la mente ferma sull'oggetto della concentrazione.
Dhâranâ - Concentrazione
Come continuazione diretta del processo di inibizione sensoriale, la concentrazione è "il mantenimento della mente in uno stato immobile", come il Tri-Shikhi-Brâhmana-Upanishad definisce questa pratica avanzata. La concentrazione, il sesto ramo dell'ottuplice sentiero, è la focalizzazione dell'attenzione su un dato luogo (desha) che può essere una parte particolare del corpo (come un chakra) o un oggetto esterno che è interiorizzato (come un'immagine di una divinità).
Il termine di Patanjali per concentrazione è dhâranâ, che deriva dalla radice verbale dhri, che significa "tenere". Ciò che viene tenuto è la propria attenzione, che è fissata su un oggetto interiorizzato. Il processo è chiamato ekâgratâ, che è composto da eka (uno, singolo) e agratâ (concentrazione). Questa concentrazione univoca, o attenzione focalizzata, è una forma altamente intensificata dei momenti di concentrazione che sperimentiamo, ad esempio, durante il lavoro intellettuale. Ma mentre la concentrazione ordinaria è per lo più solo un tipo di stato "di testa" accompagnato da una grande quantità di tensione localizzata, il dhâranâ yogico è un'esperienza di tutto il corpo libera da tensioni muscolari e di altro tipo, e quindi con una dimensione straordinaria di profondità psichica, in cui può svolgersi il lavoro interiore creativo.
Dhyâna - Meditazione
Una concentrazione prolungata e approfondita conduce naturalmente allo stato di assorbimento meditativo, o dhyâna, in cui l'oggetto o luogo interiorizzato riempie l'intero spazio di coscienza. Proprio come l'unicità dell'attenzione è il meccanismo di concentrazione, la “unicità del flusso” (ekatânatâ) è il processo alla base della meditazione. Tutte le idee nascenti (pratyaya) ruotano attorno all'oggetto di concentrazione e sono accompagnate da una disposizione emotiva pacifica e calma. Non c'è perdita di lucidità, ma, al contrario, il senso di veglia sembra intensificarsi, anche se c'è poca o nessuna consapevolezza dell'ambiente esterno.
Lo scopo iniziale della meditazione yogica è intercettare il flusso dell'attività mentale ordinaria (vritti), che comprende le seguenti 5 categorie (Yoga-Sûtra 1.6):
- Pramâna - conoscenza derivata dalla percezione, inferenza o testimonianza autorevole (come le sacre scritture)
- Viparyaya: malinteso, errore percettivo
- Vikalpa: conoscenza concettuale, immaginazione
- Nidrâ: sonno
- Smriti: memoria
Meditazione con uso di Mantra
Origine e significato
Le origini del Mantra Yoga risalgono ai Veda (antichissimi testi sacri dei popoli arii, risalenti al 2200 a.C.) Gli inni vedici sono scritti in 15 diversi metri che richiedono una puntigliosa recitazione in contesti rituali e una attenta respirazione, necessaria ad ottenere la accuratezza richiesta.
Non esiste una precisa traduzione dal sanscrito del termine Mantra. Un mantra è una parola sacra, un suono divino, o un suono carico di forza psicospirituale. E' un veicolo di trasformazione meditativa del corpo-mente umano e si crede abbia poteri magici. Il suono più importante nel rituale vedico era l'Om, e ad oggi questo è il fonema più riconosciuto e venerato dell'Induismo. La sillaba Om (la cui corretta trascrizione e pronuncia è AUM) esprime la pulsazione del cosmo stesso e la sua origine. Questa sillaba, secondo Woodroffe, contiene "una intera filosofia che tanti volumi non sarebbero in grado di contenere".
Le origini del Mantra Yoga possono essere dunque ritrovate nei Veda, ma il Mantra Yoga vero e proprio è il prodotto delle stesse forze filosofiche e culturali che hanno permesso lo sviluppo del Tantra nell'India medievale. Il Mantra Yoga è infatti uno degli aspetti principali del approccio tantrico ed è trattato in varie opere che appartengono a quella tradizione spirituale.
Mentre un tempo un mantra era considerato sacro, efficace e valido solo se rilasciato dal guru direttamente e personalmente allo studente, oggi i mantra sono facilmente reperibili ed accessibili a chiunque. Questo non dovrebbe però farci dimenticare la loro origine sacra.
Alcuni insegnanti di meditazione insistono sul fatto che sia la scelta della parola, sia la sua corretta pronuncia, sono molto importanti, a causa della “vibrazione” associata al suono e al significato, e che per questo motivo un'iniziazione ad essa è essenziale. Altri dicono che il mantra stesso è solo uno strumento per focalizzare la mente e la parola scelta è completamente irrilevante.
Come praticarla
Come la maggior parte dei tipi di meditazione, di solito viene praticata seduti con la schiena eretta e gli occhi chiusi. Il praticante quindi ripete il mantra, in silenzio o ad alta voce, più e più volte durante l'intera sessione.
A volte questa pratica è associata all'essere consapevoli del respiro o al coordinamento con esso. In altri esercizi, il mantra viene effettivamente sussurrato in modo molto leggero e sommesso, come aiuto alla concentrazione.
Mentre ripeti il mantra, crea una vibrazione mentale che consente alla mente di sperimentare livelli più profondi di consapevolezza. Mentre mediti, il mantra diventa sempre più astratto e indistinto, finché non sei finalmente condotto nel campo della pura coscienza da cui è emersa la vibrazione.
Meditazione Japa
Origine e significato
Japa in sanscrito significa "ripetere o mormorare preghiere e mantra". La meditazione Japa è meditazione attraverso la ripetizione di parole con l'aiuto di un Mala. Un Mala è una collana di grani da preghiera che funge da guida per la meditazione. Ogni Mala contiene 108 grani in totale. La pratica di Meditazione Japa è tipica del Bhakti Yoga ma può essere considerata una pratica a parte, e una tecnica di meditazione molto valida ed accessibile. La ripetizione di preghiere del rosario, nella tradizione cattolica, è una forma di meditazione japa.
Come si pratica
Per praticare la meditazione japa è necessario avere un mala, che scorre tra le dita mentre si recitano i mantra. Formalmente ci sono tre tipi di meditazione japa:
nella Meditazione Maanas non si parla ad alta voce, si ripete semplicemente il Mantra nella mente
nella Meditazione Vachak, il Mantra è ripetuto a bassa voce
nella Meditazione Kirtan o Sankirtan, il Mantra è cantato ad alta voce. Per quest'ultima, si possono anche usare strumenti musicali (pratica tipica del Bhakti Yoga)
Altre meditazioni nella tradizione yogica
Ci sono anche altri tipi di meditazioni relativamente rinomate (nel mondo occidentale) che hanno radici antiche nel mondo dello Yoga, e alcune di queste sono:
- Meditazione dei chakra - il praticante si concentra su uno dei sette chakra del corpo ("centri di energia"), tipicamente eseguendo alcune visualizzazioni e cantando un bija mantra specifico per ogni chakra (lam, vam, ram, yam, ham, om).
- Trataka - fissare lo sguardo su un oggetto esterno, tipicamente una candela, un'immagine o un simbolo (yantra). Viene fatto con gli occhi aperti, e poi con gli occhi chiusi, per allenare sia i poteri di concentrazione sia di visualizzazione della mente. Dopo aver chiuso gli occhi, dovresti comunque mantenere l'immagine dell'oggetto nella tua "mente”.
- Meditazione del suono (Nada Yoga) – Il Nāda yoga è un antico sistema metafisico indiano. Focalizzando la propria attenzione sulle vibrazioni silenziose del sé e sul respiro controllato, l'individuo può, secondo il Nāda yoga, "ascoltare" il proprio anahata, il proprio "suono interiore”. Un tale processo di consapevolezza interiore e sensibilità porta a un aumento dell'auto-raccoglimento e infine al risveglio. Concentrarsi su questo suono interiore (vibrazione silenziosa del sé) come supporto per la meditazione è molto utile per domare la mente e, quando è stato chiaramente riconosciuto, utilizzato per l'auto-raccoglimento anche nella vita esteriore.
- Meditazioni nel Tantra - Il Tantra è una tradizione molto ricca, con dozzine di diverse pratiche contemplative. Il testo Vijnanabhairava Tantra, per esempio, elenca 108 "meditazioni", la maggior parte delle quali più avanzate (che richiedono già un certo grado di quiete e controllo mentale). Ecco alcuni esempi da quel testo: “Unisci la mente e i sensi nello spazio interiore nel cuore spirituale. Quando un oggetto viene percepito, tutti gli altri oggetti diventano vuoti. Concentrati su quel vuoto. Concentrati sullo spazio che si trova tra due pensieri. Fissa l'attenzione all'interno del cranio. Chiudi gli occhi. Medita in occasione di qualsiasi grande gioia. Medita sulla sensazione di dolore. Soffermati sulla realtà che esiste tra dolore e piacere. Medita sul vuoto nel proprio corpo che si estende simultaneamente in tutte le direzioni. Concentrati su un pozzo senza fondo o in piedi in un luogo molto alto. Ascolta il suono Anahata [chakra del cuore]. Ascolta il suono di uno strumento musicale mentre si spegne. Contempla l'universo o il proprio corpo come se fosse pieno di beatitudine. Concentrati intensamente sull'idea che l'universo sia completamente vuoto. Contempla che la stessa coscienza esiste in tutti i corpi”.
Le prossime meditazioni menzionate hanno radici nella tradizione dello yoga ma sono state sviluppare come tecniche meditative in epoca moderna: anche questa lista è molto limitata e per nulla esaustiva.
Meditazione Trascendentale (TM)
Origine e significato
La Meditazione Trascendentale è una forma specifica di meditazione Mantra introdotta da Maharishi Mahesh Yogi nel 1955 in India e in Occidente. Alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70, il Maharishi raggiunse la fama come guru dei Beatles, dei Beach Boys e di altre celebrità.
È una forma di meditazione ampiamente praticata, con oltre 5 milioni di praticanti in tutto il mondo, e c'è molta ricerca scientifica (molta sponsorizzata dall'organizzazione…) che dimostra i benefici della pratica. Ci sono oltre 600 articoli scientifici. Tuttavia, ci sono anche critici nei confronti del Maharishi e della sua organizzazione, e alcune accuse di comportamento cultuale e pratiche di ricerca dubbie.
Come praticarla
La meditazione trascendentale non viene insegnata liberamente. L'unico modo per imparare è pagare per imparare da uno dei loro istruttori autorizzati. In generale, tuttavia, è noto che la Meditazione Trascendentale implica l'uso di un mantra ed è praticata per 15-20 minuti due volte al giorno stando seduti con gli occhi chiusi. Il mantra non è unico ed è dato al praticante in base al suo sesso e alla sua età. Inoltre non sono "suoni privi di significato" - piuttosto, sono nomi tantrici di divinità indù. Questo probabilmente è irrilevante per la maggior parte delle persone.
Come imparare da solo la meditazione trascendentale?
Non è possibile. Secondo l'organizzazione TM, puoi imparare la Meditazione Trascendentale solo da un insegnante registrato.
Auto-indagine e meditazione "Io sono"
Origine e significato
Self-Inquiry è la traduzione inglese del termine sanscrito atma vichara. Significa "investigare" la nostra vera natura, per trovare la risposta al "Chi sono io?" domanda, che culmina con la conoscenza intima del nostro vero Sé, il nostro vero essere. Vediamo riferimenti a questa meditazione in testi indiani molto antichi; tuttavia, è stato molto diffuso e ampliato dal saggio indiano del XX secolo Ramana Maharshi (1879 - 1950).
Il movimento moderno della non-dualità (o neo-advaita), che trae grande ispirazione dai suoi insegnamenti - così come quelli di Nisargadatta Maharaj (1897 - 1981) - utilizza fortemente questa tecnica e variazioni. Molti insegnanti contemporanei hanno utilizzato questa tecnica, i più famosi sono Mooji, Adyashanti ed Eckhart Tolle.
Come praticarla
Questa pratica è molto semplice, ma anche molto sottile. Quando lo si spiega, infatti, può sembrare tutto molto astratto.
Il tuo senso di "io" (o "ego") è il centro del tuo universo. È lì, in una forma o nell'altra, dietro tutti i tuoi pensieri, emozioni, ricordi e percezioni. Eppure non siamo chiari su cosa sia questo “io” - su chi siamo veramente, in sostanza - e lo confondiamo con il nostro corpo, la nostra mente, i nostri ruoli, le nostre etichette. È il più grande mistero delle nostre vite.
Con l'auto-indagine, la domanda "Chi sono?" è chiesto dentro di te. Devi rifiutare qualsiasi risposta verbale che possa arrivare e usare questa domanda semplicemente come uno strumento per fissare la tua attenzione nel sentimento soggettivo di "io" o "io sono". Diventa tutt'uno con esso, approfondiscilo. Questo rivelerà quindi il tuo vero “io”, il tuo vero sé come pura coscienza, oltre ogni limite. Non è una ricerca intellettuale, ma una domanda per portare l'attenzione sull'elemento centrale della tua percezione ed esperienza: l'io. Questa non è la tua personalità, ma una pura, soggettiva, sensazione di esistere - senza immagini o concetti ad essa collegati.
Ogni volta che sorgono pensieri / sentimenti, ti chiedi: "A chi nasce questo?" o "Chi è a conoscenza di _____ (rabbia, paura, dolore o altro)?" La risposta sarà "Sono io!". Da allora chiedi "Chi sono io?", Per riportare l'attenzione sul sentimento soggettivo del sé, della presenza. È pura esistenza, consapevolezza senza oggetto e senza scelta.
Un altro modo per spiegare questa pratica è focalizzare la mente sulla tua sensazione di essere, l '“io sono” non verbale che brilla dentro di te. Tienilo puro, senza associazione con nulla che percepisci.
Con tutti gli altri tipi di meditazione, l '"io" (te stesso) si concentra su un oggetto, interno o esterno, fisico o mentale. Nell'autoindagine, l'io si concentra su se stesso, il soggetto. È l'attenzione rivolta alla sua fonte.
Non esiste una posizione speciale per esercitarsi, sebbene i suggerimenti generali sulla postura e l'ambiente siano utili per i principianti.
3) TECNICHE DI MEDITAZIONE CINESE
Meditazioni taoiste
Origine e significato
Il taoismo (o daoismo) è una filosofia e religione cinese, che risale a Lao Tzu (o Laozi). Sottolinea la vita in armonia con la Natura, o Tao, e il suo testo principale è il Tao Te Ching, risalente al VI secolo a.C. In seguito alcuni lignaggi del taoismo furono influenzati anche da pratiche di meditazione buddista portate dall'India, specialmente nell'VIII secolo d.C.
La caratteristica principale di questo tipo di meditazione è la generazione, la trasformazione e la circolazione dell'energia interiore. Lo scopo è calmare il corpo e la mente, unificare corpo e spirito, trovare la pace interiore e armonizzarsi con il Tao. Alcuni stili di meditazione taoista sono specificamente focalizzati sul miglioramento della salute e sul dare longevità.
Come praticarla
Esistono diversi tipi di meditazione taoista, e talvolta sono classificati in tre: "intuizione", "concentrativa" e "visualizzazione". Ecco una breve panoramica:
- Meditazione sul vuoto (Zuowang) - sedersi in silenzio e svuotarsi di tutte le immagini mentali (pensieri, sentimenti e così via), "dimenticare tutto", per sperimentare la quiete interiore e il vuoto. In questo stato, la forza vitale e lo "spirito" vengono raccolti e reintegrati. Questo è simile alla disciplina di Confucio del "digiuno cuore-mente", ed è considerato come "la via naturale". Si consente semplicemente che tutti i pensieri e le sensazioni sorgano e cadano da soli, senza impegnarsi o "seguire" nessuno di essi. Se questo risulta essere troppo difficile e "poco interessante", lo studente viene istruito con altri tipi di meditazione, come la visualizzazione e il Qigong
- Visualizzazione (Cunxiang) - una pratica esoterica di visualizzare diversi aspetti del cosmo in relazione al proprio corpo e sé.
- Meditazione sul respiro (Zhuanqi) - per concentrarsi sul respiro, o "unire mente e qi". L'istruzione è "concentra il tuo respiro vitale finché non è estremamente morbido". A volte questo viene fatto semplicemente osservando in silenzio il respiro (simile alla meditazione consapevole nel buddismo); in altre tradizioni è seguendo determinati schemi di espirazione e inspirazione, in modo che si diventi direttamente consapevoli dei "dinamismi del Cielo e della Terra" attraverso il respiro ascendente e discendente (un tipo di Qigong, simile al Pranayama nello Yoga).
- Visione interiore (Neiguan) - visualizzare all'interno del proprio corpo e della propria mente, inclusi gli organi, le "divinità interiori", i movimenti qi (forza vitale) e i processi di pensiero. È un processo per familiarizzare con la saggezza della natura nel tuo corpo. Ci sono istruzioni particolari per seguire questa pratica ed è richiesto un buon libro o un insegnante.
- Alchimia interna (Neidan) - una pratica complessa ed esoterica di auto-trasformazione che utilizza visualizzazione, esercizi di respirazione, movimento e concentrazione. Alcuni esercizi di Qigong sono forme semplificate di pratiche di alchimia interna.
La maggior parte di queste meditazioni sono fatte seduti a gambe incrociate sul pavimento, con la colonna vertebrale eretta. Gli occhi sono tenuti semichiusi e fissati sulla punta del naso. Il Maestro Liu Sichuan sottolinea che, sebbene non sia facile, idealmente si dovrebbe praticare "unendo il respiro e la mente insieme"; per coloro che lo trovano troppo difficile, consiglia di concentrarsi sul basso addome (dantian).
Qigong (Chi kung)
Origine e significato
Qigong (scritto anche chi kung, o chi gung) è una parola cinese che significa "coltivazione dell'energia vitale" ed è un esercizio corpo-mente per la salute, la meditazione e l'allenamento delle arti marziali. In genere comporta movimenti lenti del corpo, concentrazione interiore e respirazione regolata. Tradizionalmente era praticato e insegnato in segreto nelle tradizioni cinese buddista, taoista e confucianista. Nel 20° secolo, il movimento del Qigong ha incorporato e reso popolare la meditazione taoista e "utilizza principalmente esercizi di concentrazione ma favorisce anche la circolazione dell'energia in una modalità alchemica interiore" (Kohn 2008).
Anche le pratiche taoiste possono impiegare il Qigong, ma poiché il Qigong è applicato anche in altre filosofie cinesi, viene trattato come un argomento separato.
Come praticarla
Ci sono migliaia di diversi esercizi di Qigong catalogati, che coinvolgono oltre 80 diversi tipi di respirazione. Alcuni sono specifici per le arti marziali (per energizzare e rafforzare il corpo); altri sono per la salute (per nutrire le funzioni del corpo o curare le malattie); e altri per la meditazione e la coltivazione spirituale. Il qigong può essere praticato in una posizione statica (seduto o in piedi) o attraverso una serie dinamica di movimenti. Gli esercizi che vengono eseguiti come meditazione, tuttavia, vengono normalmente eseguiti da seduti e senza movimento.
Ecco un esempio di pratica della meditazione Qigong da seduti: Siediti in una posizione comoda. Assicurati che il tuo corpo sia equilibrato e centrato. Rilassa tutto il corpo: muscoli, nervi e organi interni. Regola il tuo respiro, rendendolo profondo, lungo e morbido. Calma la tua mente. Poni tutta la tua attenzione nel "dantien inferiore", che è il centro di gravità del corpo, 4 dita sotto l'ombelico. Questo aiuterà ad accumulare e radicare il qi (energia vitale). Dove sono la tua mente e la tua intenzione, ci sarà il tuo qi. Quindi, concentrandoti sul dantien, stai raccogliendo energia in questo serbatoio naturale. Senti il qi che circola liberamente attraverso il tuo corpo.
4) MEDITAZIONE CRISTIANA
Nelle tradizioni orientali (induismo, buddismo, giainismo, taoismo) la meditazione viene solitamente praticata con lo scopo di trascendere la mente e raggiungere l'illuminazione. Nella tradizione cristiana l'obiettivo delle pratiche contemplative è la purificazione morale e la comprensione più profonda della Bibbia; o una più stretta intimità con Dio/Cristo, per il ramo mistico della tradizione.
Il primo utilizzo noto del termine meditatio per designare un'attività contemplativa, in ambito cristiano, risale a Guigo II, un monaco certosino vissuto nel XII secolo. Nel suo libro Scala Claustralium (La scala del monaco) viene descritta per la prima volta la preghiera metodica nella tradizione mistica occidentale:
- Il primo gradino di questa forma di preghiera è la lectio (lettura): si comincia con la lettura di un brano breve della Bibbia lentamente e con attenzione (scrutatio)
- Il secondo gradino è la meditatio (meditazione). Durante questa tappa si riflette sul significato simbolico del testo
- Il terzo gradino è la oratio (preghiera), cioè il momento di pregare su ispirazione della nostra riflessione sul brano letto
- L'ultima tappa è la contemplatio cioè la contemplazione del Divino, in silenzio.
A queste tappe i maestri spirituali odierni aggiungono anche l'actio (azione), ossia un proponimento operativo conseguente a quanto si è meditato nella parola, un'azione nel mondo ispirata dalla Scrittura.
Ecco altre forme di pratica contemplativa cristiana:
- Preghiera contemplativa: di solito comporta la ripetizione silenziosa di parole o frasi sacre, con attenzione e devozione.
- Contemplazione, che implica pensare profondamente agli insegnamenti e agli eventi presenti nella Bibbia.
- "Seduta con Dio" - una meditazione silenziosa, solitamente preceduta dalla contemplazione o dalla lettura, in cui concentriamo tutta la nostra mente, cuore e anima sulla presenza di Dio
- Preghiera con l’uso del rosario: come menzionato in precedenza, questo tipo di meditazione è presente in varie culture e tradizioni spirituali in tutto il mondo.
5) TECNICHE DI MEDITAZIONE SUFI
Il Sufismo è il percorso esoterico all'interno dell'Islam, dove l'obiettivo è purificarsi e raggiungere l'unione mistica con il Supremo (chiamato Allah in questa tradizione). I praticanti del Sufismo sono chiamati Sufi e seguono una varietà di pratiche spirituali, molte delle quali sono state influenzate dalla tradizione dello Yoga in India.
Le loro tecniche principali includono: Contemplazione di Dio (muraqabah), Meditazione sufi Mantra (zikr, jikr o dhikr), Meditazione sul battito cardiaco, Meditazione sul respiro sufi (inclusa la respirazione dei cinque elementi), Meditazione di Bond of Love, Meditazione contemplativa, Meditazione sufi camminata, Danza dei Dervisci rotanti
6) MEDITAZIONI GUIDATE
Origine e significato
La meditazione guidata è, in gran parte, un fenomeno moderno. È un modo molto facile per iniziare e troverai meditazioni guidate basate su molte delle tradizioni di cui sopra. La pratica della meditazione richiede una certa dose di determinazione e forza di volontà. In passato, le persone che erano in meditazione erano più impegnate in essa e avevano anche forti ideali che alimentavano la loro motivazione. La loro vita era più semplice, con meno distrazioni. Viviamo in tempi molto diversi adesso. La nostra vita è più impegnata. Le distrazioni sono ovunque e la meditazione è spesso ricercata come mezzo per sviluppare una salute migliore, migliorare le prestazioni o migliorare se stessi. Per questi motivi, le meditazioni guidate sono molto utili. Possono essere di grande aiuto per introdurti alla pratica, aiutarti a sperimentare tecniche diverse o mantenere la tua attenzione più presente nella meditazione. Idealmente, una volta che la pratica di meditazione diventa più stabile, le meditazioni guidate non servono più.
Come praticarle
La meditazione guidata di solito si presenta sotto forma di audio e talvolta audio e video. Scoprirai che qualsiasi meditazione guidata rientra in una delle seguenti categorie (con alcune sovrapposizioni, ovviamente).
- Meditazioni tradizionali - Con questi tipi di audio, la voce dell'insegnante è semplicemente lì per "illustrare" o "guidare" la via per la tua attenzione, al fine di essere in uno stato meditativo; c'è più silenzio che voce in esso, e spesso nessuna musica. Esempi sono quelli offerti da Thich Nhat Hanh e Tara Brach, che sono radicati in autentiche pratiche buddiste. Lo scopo è sviluppare e approfondire la pratica stessa, con tutti i benefici che ne derivano.
- Visualizzazioni guidate: utilizza i poteri di immaginazione e visualizzazione del cervello, guidandoti a immaginare un oggetto, un'entità, uno scenario o un viaggio. Lo scopo è solitamente la guarigione o il rilassamento.
- Rilassamento e scansioni del corpo (training autogeno) - Ti aiuta a ottenere un rilassamento profondo in tutto il tuo corpo. Di solito è accompagnato da musica strumentale rilassante o suoni della natura. Lo scopo è il rilassamento e la calma.
- Affermazioni - Di solito insieme al rilassamento e all'immaginazione guidata, lo scopo di queste meditazioni è quello di imprimere un messaggio nella tua mente.
Sebbene tutti abbiano i loro meriti, è il primo tipo che si evolve più naturalmente nella pratica individuale non guidata.
7) MEDITAZIONE YIN
Origine e significato
La meditazione Yin è sviluppata da Josh Summers e trae origine dai suoi 20 anni di esperienze personali di meditazione, principalmente buddiste. Si distingue però dalle classiche tecniche di meditazione buddista perché punta sul offrire un approccio spirituale laico: tutto viene offerto come riflessione spirituale, e quello che risuona può essere coltivato, quello che dà fastidio, o che sembra strano, o che semplicemente non risuona, può essere lasciato da parte. Si propone come uno stile di meditazione in cui l'approccio non è sul fare ma sull'essere, sul non voler controllare l'esperienza, sul non avere esperienze giuste o sbagliate. Ogni esperienza è una opportunità per praticare meditazione.
L'approccio di Josh differisce dalle meditazioni tradizionali: Il vagare con la mente e il risveglio sono le principali esperienze che avvengono nella meditazione. Ed è implicito in tutte le meditazioni: se la mente si allontanava, hai fallito. Ma Josh ci invita a coltivare amichevolezza con il vagabondaggio mentale in sé. Prendilo per scontato: la tua mente si distrarrà e qualcosa dal mondo (un suono, una sensazione) ti farà rendere conto che ti sei distratta, e ti risveglierà. La transizione dal vagabondaggio mentale al risveglio è il risveglio stesso. Questo è l'intero nocciolo del cammino: il risveglio. Ogni volta che ti risvegli e ti irriti, ti rimproveri perché ti sei distratta, rinforzi negativamente il processo del risveglio e avrai meno probabilità che avvenga di nuovo. L'antidoto è piantare una ferma intenzione di portare la qualità dell'amicizia al risveglio, celebrarla.
Ci sono molti altri passi per allenare la mente a non reagire, a smettere di reiterare le stesse reazioni e maniere di fare. Questo è solo l’inizio di un approccio che trasforma la nostra maniera di essere al mondo, imparando a non reagire, ma a rispondere, a non cadere nella abitudini mentali, ma a riconoscere come funziona la mente e a conoscere noi stessi in maniera più profonda. La meditazione è un laboratorio in cui impariamo come ragioniamo “normalmente” e riconoscere come siamo quasi sempre con il pilota automatico.
Come si pratica
In posizione di meditazione, seduti su un cuscino o su una sedia, inizia rilassando il corpo. Poi prova a coltivare delle qualità amichevoli nel confronti della tua esperienza. Saluta con amicizia il tuo corpo, la tua mente, le tue distrazioni mentali, il tuo risveglio. Puoi usare un trespolo a cui tornare se necessario (ad esempio, le sensazioni delle mani che riposano sulle gambe). Non cercare di avere un’esperienza diversa da quella che stai vivendo, ma includi nella consapevolezza la totalità di esperienze, esterne (suoni, rumori, temperature ecc.) ed interne (emozioni, sensazioni fisiche ed energetiche, piacevoli o spiacevoli che siano). Ricorda alla mente che si può rilassare adesso. Non c’è un obiettivo, non c’è uno scopo.
Questo tipo di meditazione è difficile, perché richiede molta pazienza, fiducia, e disciplina. Praticato con attenzione e costanza, ci permette però di capire come funziona la nostra mente, e ci porta alla comprensione e consapevolezza delle nostre maniera abituale di pensare.
E se vogliamo cambiare qualcosa, il primo passo è quello di conoscere cosa vogliamo cambiare. Se vuoi imparare a praticare in questo stile di meditazione, puoi iniziare con il mio corso di meditazione che trovi qui: Corso di Meditazione
Foto di (in ordine)
Comments